Farmacia in forma societaria di SRL,
cosa accade se uno dei soci cede la quota ad un estraneo in violazione della prelazione accordata agli altri soci in fase di costituzione della Farmacia?
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Ricordiamo che il principale modello societario utilizzato dagli assegnatari del concorso straordinario farmacie è stato quello della SRL composta dagli assegnatari associati farmacisti, vincolati alla gestione per un triennio.
Il nostro caso riguarda una Farmacia Srl da concorso ma il discorso è uguale anche per le altre farmacie Srl (eccetto che per il vincolo triennale).
Ora che il triennio è trascorso si è concretizzata la strada alla cessione di quote della farmacia,
ed il caso prospettato riguarda la cessione di quote di un ex associato farmacista verso estranei alla società, in violazione degli accordi interni, accordi di prelazione dei soci (ex associati) ad essere preferiti rispetto agli estranei, quindi in sintesi, la violazione della prelazione.
Ma come funziona la prelazione nelle Farmacie SRL?
La prelazione, intesa come diritto che si riconosce ad un socio di essere preferito rispetto ad altri esterni alla compagine della Farmacia può essere oggetto di uno specifico patto, per l'appunto parasociale, oppure essere contenuto nello statuto della società.
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La differenza non è di poco conto per quanto vedremo in quanto il patto di prelazione, concluso tra i soci di una società, è idoneo a generare obblighi e diritti reciproci in capo parti che lo abbiano stipulato.
Da una parte, sussiste l'obbligo, a carico del socio (o dei soci) che intenda disfarsi della quota della Farmacia (nella specie la partecipazione sociale alla Farmacia), cui la prelazione si riferisce, di darne comunicazione agli altri e di preferirli ad ogni altro possibile acquirente, a parità di condizioni; dall'altra, si pone il diritto, in capo agli altri soci, di ricevere tale comunicazione e di essere preferiti nell'acquisto.
L'evidente carattere pattizio della prelazione comporta che il contratto ha - in via di principio - effetto solo tra le parti, con la conseguenza che le posizioni soggettive scaturenti dall'accordo negoziale non possono riflettersi sui terzi. Le pattuizioni contenute in tale accordo hanno, in altri termini, carattere obbligatorio e non reale.
Ciò implica che la quota non potrà essere riscattata dal terzo acquirente in buona fede. (Cass. 12370/2014)
Ne discende che l'eventuale violazione dell'obbligo gravante sulla parte alienante, la quale ceda il bene ad un terzo senza consentire al titolare del diritto di esercitare la prelazione convenzionalmente accordatagli, può giustificare la reazione del titolare della prelazione sul piano risarcitorio, ma non anche mettere in dubbio la validità dell'acquisto compiuto dal terzo estraneo al patto, con la conseguente inopponibilità dei relativi effetti a chi non sia stato parte dell'accordo.
Il patto in questione viene, pertanto, a porsi come un tipico accordo parasociale destinato, in quanto tale, a vincolare i soli soci che lo abbiano stipulato, ma non anche a riflettersi sulla conformazione dell'ente societario. Quel che ne forma oggetto, infatti, è un diritto, avente ad oggetto un bene - la quota di partecipazione in società - esistente nel patrimonio personale del socio, agli atti di disposizione del quale la società, in quanto persona giuridica titolare di un patrimonio ben distinto da quello dei propri stessi soci, è, in linea di principio, estranea (cfr., in tal senso, Cass. n. 7614/1996).
A diversa conclusione deve, invece, pervenire con riguardo alle ipotesi in cui - come è accaduto nel caso di specie - il patto di prelazione venga inserito, con apposita clausola, dai soci stipulanti nell'atto costitutivo o nello statuto della stessa società.
Per essere sintetici, il patto di prelazione inserito nell'atto costitutivo della Farmacia sin dal principio darà una maggiore tutela dell'accordo parasociale in sé e per sé concluso tra i soli soci.
Il patto di prelazione, inserito nello statuto di una Farmacia avente forma di SRL ed avente ad oggetto l’acquisto di quote sociali, siccome preordinato a garantire un particolare assetto proprietario ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente che sia subentrato nella compagine societaria.
Quindi la violazione di tale clausola statutaria comporta la non opponibilità nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione della cessione della partecipazione societaria, nonché l’obbligo di risarcire il danno eventualmente prodotto.
la clausola statutaria di prelazione avrebbe "efficacia reale" ed i suoi effetti sarebbero opponibili anche al terzo acquirente, trattandosi di una regola del gruppo organizzato alla quale non potrebbe non conformarsi colui che intendesse entrare a far parte di quel medesimo gruppo (cfr. Cass. 7614/1996; 8645/1998; 12797/2012).
E tuttavia, dalla suindicata "efficacia reale" del patto di prelazione, quando è trasfuso in una clausola dell'atto costitutivo o dello statuto, non può derivare il riconoscimento al prelazionario pretermesso del diritto al riscatto del bene, mediante la proposizione di una domanda di retratto.
Costituisce, difetti, un'affermazione consolidata nella giurisprudenza della Corte quella secondo cui, sul piano generale, la prelazione convenzionale, avendo efficacia obbligatoria, è efficace e vincolante per i soli contraenti e non per i terzi estranei.
Con la conseguenza che l'acquisto di questi ultimi dal promittente la prelazione, inadempiente al relativo patto, non è soggetto a caducazione a seguito della pretesa di riscatto - che, invece, nella prelazione legale è prevista espressamente dalla legge (es art. 732 c.c., art. 8 della L. n. 590 del 1965, artt. 38 e 39 L. n. 392 del 1978) - esercitata dal prelazionario, essendo quest'ultimo titolare soltanto, in mancanza di un'espressa previsione normativa di segno contrario, dell'azione personale risarcitoria nei confronti dell'inadempiente (cfr. Cass. 1760/1969; 616/1977; 3466/1988; 19928/2008).
Rimane aperta però la strada del risarcimento del danno, la cui liquidazione non è automatica ed andrà dimostrata caso per caso (Cass. n. 12797/2012).
L’efficacia reale del patto non implica la configurabilità di un diritto potestativo del socio pretermesso di “riscattare” la partecipazione nei confronti dell’acquirente e pertanto, proprio per la struttura e la natura della clausola di prelazione statutaria, il socio pretermesso non può ottenere una pronuncia di risoluzione o di nullità dell’atto di compravendita della partecipazione sociale (né tantomeno il riscatto), ma soltanto una pronuncia di accertamento dell’inefficacia dell’atto medesimo nei confronti della società. Quest’ultima, infatti, è tenuta a non considerare socio il soggetto che abbia acquistato la quota sociale sulla base di un atto posto in essere in violazione della clausola di prelazione. (Trib. Roma n. 13 Luglio 2023 che riprende Cass. 24559/2015).
Per concludere possiamo dire ai nostri lettori che le tutele nei confronti della violazione del patto di prelazione sono variegate in intensità a seconda della modalità di costituzione del patto.
Diritto Farmaceutico
Avv. Aldo Lucarelli
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