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Prodotti chimici, Chi inquina paga!


E' pacifico, dopo l'emanazione della Direttiva Comunitaria 2004/35 e la lettura offerta dalla stessa Corte di Giustizia Europea n. 534/13, il principio secondo cui "chi inquina paga".


Tale principio sposta sul responsabile dell'illecito, anziché sul proprietario del fondo, la responsabilità dell'inquinamento, e l'obbligo ripartivo, addossando al proprietario del fondo una responsabilità limitata al valore venale del fondo stesso, in caso in cui si debba procedere al recupero delle somme disposte dalla stessa autorità.


Ecco che quindi la Corte di Cassazione, in una recente pronuncia del 2023 ha preso lo spunto per tornare sul tema e fare delle precisazioni in tema di responsabilità ambientale, che si potrà configurare anche in tema di sversamento ed uso di prodotti chimici.


Le sezioni della Corte infatti hanno affermato che a carico del proprietario/gestore del sito inquinato che non abbia direttamente causato l’inquinamento, non può essere imposto l’obbligo di eseguire le misure di messa in sicurezza di emergenza (c.d. “m.i.s.e.”) e di bonifica, in quanto gli effetti in capo al proprietario incolpevole sono limitati a quanto previsto dall’art. 253 c. amb. in tema di oneri reali e privilegi speciali immobiliari.


Ed infatti l'articolo 253 del codice dell'ambiente prevede che il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.


Tali attività previste dal codice dell'ambiente possiedo però una connotazione ripristinatoria di un danno già prodottosi che le rende non assimilabili alle misure di prevenzione che, viceversa, il proprietario del sito è obbligato ad assumere in quanto idonee a contrastare un evento recante una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile;


Ecco quindi che la Cassazione pone l'accento sulla differenza tra "danni già prodotti", di cui il proprietario risponderà nei limiti del valore del bene, ove non ne sia il responsabile, e "danni che possono prodursi", che invece ricadono in misure di prevenzione che il proprietario, ove chiaramente ne sia consapevole, dovrà porre in essere. Saranno misure che ancicipino o limitino il danno.


Per lo stesso principio quindi al proprietario che non abbia causato l’inquinamento sono, altresì, inapplicabili i criteri di imputazione della responsabilità di cui agli artt. 2050 e 2051 c.c., previsti nel codice civile per le cose in custodia, dal momento che la disciplina definita nel codice dell'ambiente per la bonifica dei siti contaminati ha carattere di specialità

rispetto alle norme del codice civile, contemplando, a tale proposito, la specifica posizione del proprietario/gestore incolpevole e trovando applicazione nei confronti del responsabile dell’inquinamento


(in base al principio “chi inquina paga” di cui alla Direttiva 2004/35/CE), a titolo di dolo o colpa;



Da quanto sopra ne consegue che l'obbligo di adottare le misure utili a fronteggiare la situazione di inquinamento rimane unicamente a carico di colui che di tale situazione sia stato responsabile per avervi dato colposamente o dolosamente causa, non potendosi addossare al proprietario incolpevole dell’inquinamento alcun obbligo né di bonifica, né di messa in sicurezza.


Così come per la gestione dei rifiuti, classificata "attività di pubblico interesse" che, ai sensi dell'art. 177 del codice dell'ambiente (D.Lgs 156/2006) devono essere gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.


Prima di chiudere è opportuno precisare che il danno di cui si parla, è un danno "significativo" per la salute umana che incida sull'ambiente o in modo negativo sulla conservazione degli habitat naturali, e si riferisce quindi sia all'aria, all'acqua, ai terreni, ed al sottosuolo.








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