Farmacie aggiuntive nei centri commerciali naturali
- Avv Aldo Lucarelli
- 11 mar
- Tempo di lettura: 6 min
L'istituzione di farmacie aggiuntive nei centri commerciali naturali,
Cosa è una farmacia aggiuntiva e da quale norma è prevista?
Cosa è un centro commerciale naturale e cosa lo differenzia da un centro commerciale vero e proprio?
E' possibile istituire una farmacia in un centro commerciale naturale?
Per rispondere a tali domande percorriamo la strada delineata da recente giurisprudenza e quindi precisiamo sin da subito che le #farmacie #aggiuntive sono previste dall'art. 1 bis della legge 475/1968 per le ferrovie ed i centri commerciali.
L’articolo 1-bis della legge n. 475/1968 prevede:
“1. In aggiunta alle sedi farmaceutiche spettanti in base al criterio di cui all'articolo 1 ed entro il limite del 5 per cento delle sedi, comprese le nuove, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'azienda sanitaria locale competente per territorio, possono istituire una farmacia:a) nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali ad alta intensità di traffico, dotate di servizi alberghieri o di ristorazione, purché non sia già aperta una farmacia a una distanza inferiore a 400 metri;b) nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 10.000 metri quadrati, purché non sia già aperta una farmacia a una distanza inferiore a 1.500 metri”
Spetta al Comune individauare la farmacia aggiuntiva, nel caso in esame correttamente il Comune ha individuato l’area commerciale quale centro commerciale naturale, nella misura in cui rientra nella disciplina della legge regionale, che per la definizione relativa rimanda a “luoghi commerciali complessi e non omogenei, sviluppatisi nel tempo anche senza programmazione unitaria, concepiti come spazi unici ove opera un insieme organizzato di esercizi commerciali, esercizi di somministrazione, strutture ricettive, attività artigianali e di servizio, aree mercatali ed eventualmente integrati da aree di sosta e di accoglienza e da sistemi di accessibilità comuni”.
Per il Tar Toscana l'individuazione di una farmacia aggiuntiva in un centro commerciale naturale è un iter corretto, in quanto:
“Nel caso in esame il complesso commerciale di cui si tratta possiede dette caratteristiche essendo dotato di parcheggi e di viabilità interna di collegamento. È un luogo con le stesse caratteristiche attrattive del centro commerciale formatosi nell’ambito della programmazione urbanistica, in particolare per quanto riguarda la capacità di clientela. Finalità della disposizione di cui al citato articolo 1 bis, l. n. 475/1968, è garantire il servizio farmaceutico anche nell’ambito di quei luoghi che costituiscono un polo di attrazione di persone diverse ed ulteriori rispetto alla popolazione residente nel Comune interessato e in questa logica non vi è motivo per non estendere la dizione “centri commerciali” ivi contenuta anche a quelli che sono centri commerciali “naturali” secondo la legislazione della Regione interessata, in quanto sorti su iniziativa spontanea degli esercenti e non in base ad una programmazione urbanistica specifica. L’interpretazione estensiva è consentita poiché la norma di legge, nella sua dizione letterale, fa riferimento in generale a quelli che sono centri commerciali senza restringere il proprio ambito di applicazione a quelli sorti in base a programmazione, e la sua ratio non viene elusa ma anzi ulteriormente rispettata in quanto scopo della disposizione è migliorare l’efficienza del servizio farmaceutico, garantendone l’espletamento in tutti quei luoghi che costituiscono poli di attrazione per un’utenza mobile costituita sia da residenti, che da persone non residenti nel Comune interessato.”
Nella medesima direzione, risulta coerente tale ricostruzione con l’impianto complessivo del rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale, essendo la seconda residuale ai sensi dell’articolo 117, comma 4 della Costituzione. Con sentenza 21 aprile 2011, n. 150, richiamando propri precedenti, il Giudice delle leggi ha infatti stabilito quanto segue:
“Si è detto che la disciplina degli orari degli esercizi commerciali rientra nella materia commercio attribuita alla competenza legislativa residuale delle Regioni (sentenze n. 288 e n. 247 del 2010, ordinanza n. 199 del 2006).
Si è anche detto che, poiché la materia commercio può intersecarsi con quella «tutela della concorrenza», riservata alla competenza legislativa dello Stato, le Regioni, nell’esercizio di tale loro competenza, possono dettare una disciplina che determini anche effetti pro-concorrenziali perché altrimenti il carattere trasversale e potenzialmente omnicomprensivo della materia «tutela della concorrenza» finirebbe con lo svuotare del tutto le nuove competenze regionali attribuite dal legislatore costituente (sentenze n. 288 del 2010, n. 283 del 2009, n. 431 e n. 430 del 2007).
Se però è ammessa una disciplina che determini effetti pro-concorrenziali «sempre che tali effetti siano marginali o indiretti e non siano in contrasto con gli obiettivi delle norme statali che disciplinano il mercato, tutelano e promuovono la concorrenza» (sentenza n. 430 del 2007), al contrario, è illegittima una disciplina che, se pure in astratto riconducibile alla materia commercio di competenza legislativa delle Regioni, produca, in concreto, effetti che ostacolino la concorrenza, introducendo nuovi o ulteriori limiti o barriere all’accesso al mercato e alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale.”
Il Tar Toscana 1466/2022 ha applicato tali principi al caso al suo esame, stabilendo che “non rileva la circostanza che la definizione di centro commerciale naturale sia contenuto in una norma di legge regionale poiché a norma dell’art. 117, comma quarto, Cost. la materia del commercio, non essendo ricompresa tra quelle riservate alla legislazione dello Stato, rientra nella competenza legislativa delle Regioni (Corte Cost. 17 maggio 2017, n. 98)” e considerando che “in un ordinamento composto da livelli istituzionali diversi ciascuno avente proprie competenze legislative (quantomeno in determinati ambiti, tra cui quello che rileva nella presente sede), il rimando della legge statale alle nozioni di una materia che come il commercio è riservata alla competenza regionale non può che significare il recepimento delle nozioni poste dalle leggi regionali in materia.”

Rileva al riguardo il Consiglio di Stato nella sentenza n. 1888/2025 che l’area individuata dal Comune, sebbene costituisca un sistema commerciale diffuso, si pone agli occhi dell’utenza come un complesso unitario, in quanto l’avventore tipo del grande centro commerciale, che si affianca e si aggiunge al cliente della farmacia di zona individuata secondo il criterio demografico, si reca a fare i propri acquisti con i propri mezzi di trasporto e per lui non è tanto importante la brevità della distanza quanto la facilità del percorso e del parcheggio tra un esercizio commerciale e l’altro, considerando che il centro commerciale naturale è in grado di attrarre un proprio bacino di clientela alla stregua di ogni altro centro commerciale in ragione delle infrastrutture di collegamento, quali viabilità interna e parcheggi, tra i vari esercizi commerciali che consentono un agevole e comodo spostamento.
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In altri termini, la mancata riconducibilità ad un unico progetto urbanistico - originariamente e globalmente previsto come unitario - delle varie realtà commerciali presenti in uno stesso complesso aggregato e diffuso non esclude che possa riconoscersi a tale polo che si è venuto creando nel tempo la disciplina prevista per i centri commerciali per quanto riguarda la possibilità di istituire una farmacia aggregata, tanto più quando, come nel caso in esame, sono presenti nell’area opere di urbanizzazione primaria e secondaria e infrastrutture collegate fra loro (viabilità interna e parcheggi a servizio di tutto il centro), che non si discostano, quanto a requisiti fisici e strutturali, da quanto stabilito dalla legge regionale toscna per i centri commerciali, per i quali l’articolo 15, lett. g) della l.r. n. 28/2005 fa riferimento ai luoghi presso i quali “più servizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente”.
A ciò si aggiunga che il regime previsto dalla legge regionale della Toscana in ordine alla possibilità di istituire farmacie aggiuntive risponde ai criteri sull’accesso al servizio farmaceutico individuati in generale dalla giurisprudenza, secondo la quale “ “nel nuovo assetto ordinamentale il legislatore ha privilegiato l’esigenza di garantire l’accessibilità degli utenti al servizio distributivo dei farmaci senza però che ciò debba tradursi in una regola cogente secondo la quale occorra procedere all’allocazione delle nuove sedi di farmacia in zone disabitate o del tutto sprovviste (di farmacie), né può significare che deve essere evitata la sovrapposizione geografica e demografica con le zone di pertinenza delle farmacie già esistenti, essendo, invece, fisiologica e del tutto rispondente alla ratio della riforma l’eventualità che le nuove zone istituite dai Comuni o dalle Regioni incidano sul bacino d’utenza di una o più sedi preesistenti; la riforma, in altri termini, vuole realizzare l’obiettivo di assicurare un’equa distribuzione sul territorio e, solo in via aggiuntiva, introduce il criterio che occorre tener altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate (cfr. sentenza 14 dicembre 2020 n. 7998)” (Consiglio di Stato, Sezione III, 25 settembre 2023, n. 8500).
Studio Legale Angelini Lucarelli
Avv. Aldo Lucarelli
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