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Farmacie e Comune quando due casi identici sono trattati in modo differente.

Ci è giunto un quesito singolare, ovvero, puo' un Comune in un caso identico che riguarda due farmacie comportarsi diversamente nell'una e nell'altra vicenda?


Ove si comportasse diversamente, questo potrebbe essere motivo di ricorso oppure rientra nella discrezionalità dell'ente anche un comportamento differente di situazione identiche?

Il quesito richiederebbe un trattato di giurisprudenza per dare una risposta esauriente, ed infatti se da una parte la pubblica amministrazione in situazioni determinate dalla legge, quali ad esempio quello inerente la revisione della pianta organica, gode di una certa e vasta autonomia, tale da non configurarsi un vero obbligo giuridico a provvedere in una determinata direzione, non si può giungere nemmeno ad una attività arbitraria e soprattutto in violazione dei parametri costituzionali di uguaglianza, (art 3) ed imparzialità di cui all'art. 97 cost.


E' opportuno però precisare che mentre vi sono attività a provvedimento vincolato, come quelle inerenti ad esempio il rilascio di autorizzazioni, ove siano presenti tutti i requisiti di legge, tali quindi da configurare una attività "vincolata" quella di provvedere in certo senso da parte dell'ente, tale obbligo non è configurabile nel caso della revisione della pianta organica, che è obbligatoria come attività in quanto prevista dalla legge, ovvero l'attività di porre in essere biennalmente la revisione, così come è obbligatorio l'avvio del procedimento ad istanza del privato , ma non per questo è vincolante un risultato in un senso o in un altro.


Per la revisione infatti, come analizzato in un precedente articolo (QUI) trattandosi di obbligo discendente dalla legge, cui deve darsi adempimento secondo una determinata cadenza temporale, l'istanza del privato non è idonea a fondare un autonomo obbligo di revisione al di fuori dello schema temporale legalmente previsto, potendo solo assumere valenza sollecitatoria una volta scaduto inutilmente il relativo termine.


Se, in linea generale, deve essere riconosciuta l'ammissibilità dell'azione avverso l'inerzia delle amministrazioni competenti in ordine alla revisione biennale delle piante organiche delle farmacie - il cui concreto esito, tuttavia, discende dalle valutazioni discrezionali da effettuarsi alla luce dei parametri normativi previsti, con conseguente preclusione per il giudice di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa alla soppressione di una sede farmaceutica ritenuta dall'istante sovrannumeraria - affinchè possa ravvisarsi un silenzio illegittimo occorre che sia venuto a scadenza il previsto termine per provvedere. Quindi possiamo affermare che la revisione biennale della pianta organica delle farmacie è un adempimento obbligatorio... seppure in determinate finestre temporali.



Ma allora per trovare la risposta al nostro quesito possiamo ricondurci a quel filone giurisprudenziale in cui l'amministrazione, quindi un Comune, ove accerti la sussistenza di una situazioni similari, con differente trattamento, potrà utilizzare l'autotutela amministrativa per annullare quell'atto che - sebbene non viziato a livello amministrativo - sia comunque oggetto di disparità di vedute e comportamento nei confronti del privato.


Ed infatti il Tar lazio di recente ha avuto modo di precisare che L’amministrazione, anche in presenza di giudicato, può avviare l’autotutela nel caso in cui sussista una disparità di trattamento fra concorrenti, ove la stessa discenda da differenti decisioni pur in presenza di identici motivi di ricorso.



Nel caso in cui il ricorrente si veda il proprio ricorso rigettato in forza di un’interpretazione a sé sfavorevole della disposizione di legge, mentre altri vedevano le identiche censure accolte, creandosi dunque un contrasto esistente unicamente tra ipotesi ermeneutiche che non legittimano la proposizione di revocazione, nondimeno, di fronte a questa peculiare «disparità di trattamento», se non è possibile rinvenire un rimedio in sede giurisdizionale, è comunque concesso all’amministrazione procedere a riesaminare la posizione del candidato, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato: a corroborare tale conclusione, va osservato come l’esercizio dei poteri di autotutela decisoria non debba avvenire necessariamente per rimuovere dall’universo giuridico un provvedimento viziato, potendo interessare anche atti legittimi (v. i casi i revoca del provvedimento amministrativo ex art. 21- quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241).


Possiamo quindi concludere che in casi in cui vi sia "disparità di trattamento" anche in presenza di un atto immune da vizi, l'ente comunale, potrà agire in autotutela e quindi


Conseguentemente, la sola presenza del giudicato amministrativo non costituisce, nel caso di specie (caratterizzato dalla presenza di opposte pronunce giurisdizionali), circostanza sufficiente per omettere l’attivazione del procedimento di autotutela. Tar Lazio 8262/23.





Diritto Farmaceutico ed Amministrativo


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