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Farmacisti: L'associazione titolari di Farmacisti, si puo' sostituire al Farmacista?


Il quesito nasce da un lettore che ci ha chiesto quale siano i compiti di una Associazione di titolari di Farmacisti, in particolare se l'Associazione è titolata ad agire al posto del Farmacista leso da provvedimenti Comunali e/o Regionali, che incidano sulla posizione di alcuni associati Farmacisti o per alcune zone.


La domanda è di particolare importanza per quelle situazioni in cui l'attività della Pubblica Amministrazione, un Comune, una Regione, una ASL possa ledere piu' farmacisti, anche solo in via indiretta.


Quindi la tutela potrà essere diffusa in favore di piu' farmacisti da parte della Associazione oppure il singolo Titolare di farmacia avrà un diritto proprio ed autonomo?


Per rispondere al quesito va precisato che l'associazione di farmacisti rientra tra gli Enti Collettivi, regolata da un proprio statuto che ne disciplina le modalità operative, lo scopo, la durata, oltre che le proprie articolazioni interne.


Ma quale è lo scopo di una associazione di titolari?


A titolo esemplificativo si puo' dire la tutela degli associati, e degli interessi dei propri associati. Il punto però sta nel comprendere quando tali interessi possano essere comuni oppure in contrasto con alcuni di essi.


Com’è noto, gli enti collettivi hanno come fine statutario la tutela di interessi collettivi, ovvero interessi comuni a più soggetti che si associano come gruppo o come categoria per realizzare i fini del gruppo stesso.


Tali enti si distinguono tanto dai singoli associati quanto dalla comunità generale. L’interesse collettivo, dunque, deve essere un interesse riferibile al gruppo in sé, che, da parte sua, non può avere una dimensione occasionale.


Si è, di recente, evidenziato che:



 L’interesse diffuso del quale si sta discorrendo è un interesse sostanziale che eccede la sfera dei singoli per assumere una connotazione condivisa e non esclusiva, quale interesse di “tutti” in relazione ad un bene dal cui godimento individuale nessuno può essere escluso, ed il cui godimento non esclude quello di tutti gli altri. 



Esiste un limite ai poteri dell'associazione in relazione all'interesse del Singolo?

Si.


Infatti l’interesse sostanziale del singolo, inteso quale componente individuale del più ampio interesse diffuso, non assurge ad una situazione sostanziale “personale” suscettibile di tutela giurisdizionale (non è cioè protetto da un diritto o un interesse legittimo) posto che l’ordinamento non può offrire protezione giuridica ad un interesse sostanziale individuale che non è in tutto o in parte esclusivo o suscettibile di appropriazione individuale.


Quindi


E’ solo proiettato nella dimensione collettiva che l’interesse diviene suscettibile di tutela, quale sintesi e non sommatoria dell’interesse di tutti gli appartenenti alla collettività o alla categoria. La situazione giuridica azionata è la propria. Essa è relativa ad interessi diffusi nella comunità o nella categoria, i quali vivono sprovvisti di protezione sino a quando un soggetto collettivo, strutturato e rappresentativo, non li incarni (cfr. Cons. St., Adunanza Plenaria, 20 febbraio 2020, n. 6).


L’interesse della Associazione dunque, deve essere differenziato da quello singolo. A tal proposito si puo' precisare che:


a) lo Statuto dell'associazione individua il perimetro di azione.
b) Assenza di conflitto interno. L'interesse tutelato dalla associazione non sia in conflitto con quello di qualcuno degli associati, il che implicherebbe automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio;
c) L'interesse deve essere concreto ed attuale alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal provvedimento controverso (cfr. Cons. St., Adunanza Plenaria, 2 novembre 2015, n. 9; 27 febbraio 2019, n. 2).

Solo quindi ove si ravveda una interferenza tra gli scopi proclamati dalla Associazione e la questione controversa si potrà ritenere che l'Associazione sia legittimata ad agire in giudizio non potendo il ricorso attingere a problematiche concernenti singoli iscritti ovvero a questioni capaci di dividere la categoria in posizioni differenziate (Cons. St., Ad. Plen., 27 febbraio 2019, n. 4).



Va infine focalizzato un altro aspetto, ovvero il c.d. “divieto di sostituzione processuale”, fattispecie che si verifica quando una associazione si vada a sostituire ai soggetti effettivamente lesi dal provvedimento.



Ecco quindi che nel focalizzare gli scopi di una Associazione di Farmacisti, delineati dallo Statuto, si dovrà ponderare i poteri conferiti all'associazione dagli interessi dei singoli Farmacisti che non perderanno la propria individualità per il solo elemento di partecipazione ad una Associazione.

In conclusione, quindi possiamo ritenere che le questioni lesive del singolo farmacista non possono essere tutelate da una associazione di riferimento in assenza dei descritti.



Farma&Diritto




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